Categories: Film & serie

La nuova serie Netflix, tributo nostalgico a Maurice Leblanc

E’ online dall’8 gennaio la serie Netflix ispirata ai romanzi di Maurice Leblanc che hanno come protagonista Lupin: il ladro gentiluomo.

Arsène Lupin, è nato dalla penna dello scrittore francese nel 1907 come ironica risposta al personaggio Sherlock Holmes di Artur Conan Doyle ed è la trasposizione moderna e un poco più furfante di Robin Hood: ruba ai ricchi per i più poveri, ma soprattutto per se stesso.

Leblanc costruisce un personaggio geniale e dai gusti raffinatissimi, in quanto i suoi furti sono quasi sempre opere d’arte di gran valore che, il ladro, desidera genuinamente. Lupin può sembrare un uomo frivolo nella sua comicità e violento, ma il modo in cui si beffa delle autorità è esilarante e non ricorre mai alla violenza gratuitamente. Anche per questo viene chiamato ladro gentiluomo. All’affascinante ladro però non manca l’attenzione per le belle donne. E’ un seduttore affascinante, ironico, di bell’aspetto, colto, aristocratico e un mago del travestimento; almeno così è descritto dall’autore.


Ma chi ispirò Leblanc?

Arsenio Lupin era (quasi) la copia di un famoso anarchico del tempo, Alexandre Marius Jacob, che con la sua banda Les travailleurs de la nuit,  in soli tre anni aveva messo a segno 106 furti. I suoi innumerevoli furti, non furono mai ai danni di coloro che reputava umani rispettabili e utili alla società (medici, uomini di scienza, artisti, ingegneri ), e avvenivano sempre per finanziare i circoli operai e libertari, soccorrere i deboli e aiutare chi era in stato di bisogno. Toglieva ai ricchi per dare ai poveri attaccando la chiesa e il clero, i giudici, i magistrati e tutti i “ricchi parassiti” della società.

Alexandre verrà arrestato il 21 aprile del 1903 e famoso è il suo discorso:

“Ogni uomo ha il diritto di godere della vita. Il diritto a vivere non si mendica, si prende… Comprendo che avreste preferito che fossi sottomesso alle vostre leggi, che operaio docile avessi creato ricchezze in cambio di un salario miserabile. E che, il corpo sfruttato e il cervello abbrutito, mi fossi lasciato crepare all’angolo di una strada. In quel caso non mi avreste chiamato “bandito cinico” ma “onesto operaio”… Vi ringrazio molto di tanta bontà, di tanta gratitudine, Signori! Preferisco essere un cinico cosciente dei suoi diritti piuttosto che un automa. La lotta scomparirà solo quando gli uomini metteranno in comune gioie e pene, lavori e ricchezze, quando tutto apparterrà a tutti”.

Per finire dichiara “Sono un buon diavolo”. I giudici che avrebbero dovuto condannarlo a morte, si convincono della sua buonafede e gli danno l’ergastolo da scontare nel bagno penale della Cayenna, dove Jacob arriva ventiduenne e per sei anni resta coi ferri ai piedi e mangiando solo pane acqua (ma non si dimentica di sedurre la moglie del vice direttore penitenziario) .

Sono ammaliata anche un po’ commossa da cotanta bontà, che bravi giudici.

Ma comunque Alexandre Marius Jacob, sconterà la sua pena per 23 anni con il sorriso e poi verrà graziato, anche se tentò di evadere 17 volte (un po’ recidivo?). Dopo la sua scarcerazione torna in Francia e viene a conoscenza della morte della moglie. Si trasferisce a Reuilly, si risposa e inizia a riprendere la lotta politica. Cercherà di impedire l’estradizione di Durruti, durante la guerra civile spagnola e  durante la Seconda guerra mondiale darà rifugio ai partigiani. Nel 1950 pubblica le sue memorie e resta vedovo anche dell’ultima moglie, però era un uomo felice circondato dall’affetto dei suoi bambini, del suo vecchio cane e dei compaesani. Morirà così, con il sorriso sulle labbra iniettando a se stesso e al cane una dose di morfina. Per salutare tutti quelli che lo amavano scrive una lettera:

(…) mi considero soddisfatto del mio destino. Dunque, voglio andarmene senza disperazione, il sorriso sulle labbra e la pace nel cuore. Ho vissuto. Adesso posso morire. P.S. Vi lascio qui due litri di vino rosato. Brindate alla vostra salute.


Cosa aspettarsi e cosa no dalla serie Netflix

Okay, torniamo a noi. Inizialmente, quando la serie venne annunciata credevo si trattasse di un live-action del libro di Leblanc o addirittura del manga, e avevo una grandissima paura di vedere che cagata pazzesca ne sarebbe uscita fuori.

Fortunatamente mi sbagliavo. Si tratta di un tributo nostalgico ai romanzi di Maurice Leblanc, trasportando le vicende del ladro gentiluomo in un contesto contemporaneo.

La serie è surreale e mi auguro che la polizia non sia veramente composta da soggetti così tonti, ma appurato questo e senza fare troppe pignolerie, personalmente ho trovato il prodotto finale altamente godibile.

Il protagonista Assane Diop, interpretato dal bravissimo Omar Sy (diventato famoso dopo il grande successo di “Quasi Amici”), è un uomo rimasto segnato dalla prematura morte del padre, incastrato per il furto della collana della regina. Assane ha dovuto imparare, fin da piccolo, a cavarsela da solo e si forma con il mito letterario di Arsène Lupin, diventando un abilissimo ladro gentiluomo, simpatica canaglia e uomo molto colto in grado di essere sempre un passo avanti a tutti.

 

Nello scorrere delle cinque puntate si alternano azione e tensione, rivelazioni inaspettate e momenti di godibilissima ironia. Non si tratta di una serie crime-action, quindi non aspettatatevi questo da essa. Sono puntate senza troppe pretese, sicuramente alzate dal valore artistico di Omar Sy.

Nonostante il folle amore del protagonista per i romanzi di Leblanc, la nostalgia non risulta mai stucchevole o melensa e la serie riesce ad essere altamente attuale, contemporanea. Non per i rider delle app di food delivery, gli smart Device, i deep fake e il giornalismo investigativo, ma per il tema ricorrente e sottile dell’emarginazione e del razzismo sistemico, ancora dilagante in Europa. Sovente, nelle puntate, si sentono frasi come “non mi aspettavo uno come lei” riferendosi ad Assan come stupiti che un uomo di colore possa essere colto, raffinato, ricco o via dicendo.

MAI FIRST REACSION IS

Lupin è una serie sottilmente profonda, non ha bisogno di gesti plateali. Non incita, forzando, al ragionamento, ma lascia uno spiraglio che, se lo spettatore ha voglia di aprire, scoprirà pieno di domande e poche risposte. Ho amato la grazia genuina con cui ogni tema è stato trattato.

Inoltre anche la fotografia ha incontrato il mio personalissimo gusto. Ho amato ogni scena, ogni inquadratura, accostamento di colore ecc. Poi, non posso mentirvi e vi dirò che ho deciso che mi sarebbe piaciuta già dai primi minuti, guardando questa scena:

Chi sono io per non adorare una serie tv in parte ambientata al Louvre? Si, esatto, nessuno.


Curiosità

Uno dei più eclatanti e scenografici eventi della serie ha luogo proprio al ‘Louvre. Il museo ha dato l’ok per girare al suo interno a pochissimi registi e, per di più, molti luoghi rimangono segretissimi. Le scene ambientate nei sotterranei del Louvre infatti sono state ricostruite.

Un’altra curiosità, secondo me molto simpatica, è che molte scene sono state girate all’interno della villa di Maurice Leblanc a Etretat. La casa dove lo scrittore francese ha vissuto per quasi tutta la sua vita è oggi un museo in cui i fan di Arsenio Lupin si recano per venerare il personaggio e il suo creatore.
Durante le riprese di Lupin, il museo è diventato un vero e proprio set ed è in questa casa che si svolgono le vicende casalinghe di Assane Diop.

Se volete guardare una serie tv crime alla Sherlock o vi aspettate qualcosa di sola azione allora Lupin non fa per voi. Se invece avete voglia di una serie leggera, godibile, a tratti ironica e a tratti profonda allora la domanda che vi pongo è solo una: cosa aspettate?

[embedyt] https://www.youtube.com/watch?v=3Zs5ya7zf4w[/embedyt]
Francesca Anita Gigli

Divulgatrice culturale e collaboratrice di Finestre sull'Arte, ho creato Likeitalians nel 2020 per rendere la cultura alla portata di tutti. Sono una studentessa di Storia dell'arte, di quelle che non si prendono troppo sul serio. Leggo libri, scalo montagne, parlo di arte e di culture con spensieratezza. Sono una vagabonda e la nonna da piccola mi chiamava zingara, forse ci ha azzeccato prima di tutti.

Share
Published by
Francesca Anita Gigli

Recent Posts

I capolavori della Johannesburg Art Gallery a Sarnico

Ci si domanda, a volte, se tutta la grazia del mondo si possa riunire in…

9 mesi ago

Maurizio Bottarelli: disperdere il limite. La mostra a Bologna

Dal 13 giugno al 29 settembre 2023, il Museo CUBO Unipol di Bologna ospita la…

9 mesi ago

Utamaro, Hokusai, Hiroshige a Torino

Utamaro, Hokusai, Hiroshige. Geishe, samurai e la civiltà del piacere Dal 23 febbraio al 25…

1 anno ago

“Andy Warhol. Serial Identity” al MA*GA di Gallarate

Il MA*GA di Gallarate ospita la mostra "Andy Warhol. Serial Identity" dal 22 gennaio al…

1 anno ago

I Macchiaioli e l’invenzione del Plein air tra Francia e Italia

Dal 18 febbraio al 21 maggio 2023, l'Orangerie della Villa Reale di Monza ospita la…

1 anno ago

Lee Jeffries al Museo Diocesano di Milano

Non si è mai trattato di scattare delle fotografie... Non sono la documentazione della vita…

1 anno ago