Chi sono

"In ognuno di noi c’è l’inquietudine della fuga, l’intolleranza dello spazio chiuso, del consueto. In ognuno di noi l’esploratore cerca di sopraffare il cittadino per portarlo in strada, via."

Avevo 11 anni quando decisi, con tutta l’ossessiva tenacia di cui solo un bambino è capace, che da grande sarei diventata Tiziano Terzani. Ho sempre amato tutto di lui dal primo momento in cui mio padre me ne parlò. Possedeva un volto e una stazza di una bellezza rassicurante, una voce tranquilla e una penna che è riuscita a farmi viaggiare in India più e più volte. Terzani era quel nonno che non avevo mai avuto, che mi raccontava storie incredibili della sua vita e io non potevo fare altro che sognare, un giorno, di viverle sulla mia pelle. 

Si. A 11 anni non volevo diventare una ballerina, né tanto meno salvare il mondo combattendo il crimine in calzamaglia, ma volevo parlare di chi il mondo lo distruggeva e lavorare per un giornale come Peter Parker (scrivendoci però, perchè non sono brava con la macchina fotografica) e senza le ragnatele e i salti mortali che già allora al solo pensiero mi stancavo.

Scrissi tutto sul mio diario rosa dei Diddl: da grande sarei diventata reporter e inviata di guerra e la mia vita si sarebbe conclusa con una sorta di rivelazione che mi avrebbe portata in India dove sarei rimasta fino alla morte.
Ero una ragazzina strana, lo sono ancora.

Al mio quindicesimo compleanno mi regalai quello che, da lì a poco, sarebbe diventato il mio libro preferito “un indovino mi disse“.
È un racconto di voli abbandonati e treni presi alla ricerca di un qualcosa che forse nemmeno esiste. Una ricerca che chiede, a volte prepotentemente, di lasciare indietro delle parti di te per portare un bagaglio che solo all’apparenza è alleggerito, ma si fa sempre più incombente e pesante.


Oggi sono l’opposto del mio scrittore preferito, di colui che inconsapevolmente ha plasmato il mio modo di scrivere e vedere il mondo. Ma è a causa sua se sono saldamente aggrappata all’idea di dover raccontare, di dover mettere nero su bianco questa vita che ci scivola pericolosamente dalle mani, ogni secondo di più.
Perché “se non c’è qualcuno che raccoglie una testimonianza, che ne scrive, qualcuno che fa una foto, che ne lascia traccia in un libro, è come se quei fatti non fossero mai accaduti.

E allora raccontiamoli.

Tutto molto bello. Ma di cosa mi occupo quindi?

Formata come grafica pubblicitaria, ho lavorato diversi anni in quel settore per poi, durante la pandemia, iniziare lentamente ad abbandonarlo per riprendere in mano lo studio della storia dell’arte e fondare likeitalians.

Presto ho iniziato a collaborare con numerose realtà culturali, ma soprattutto a scrivere piuttosto frequentemente per Finestre sull’arte, che sta attualmente finendo di formarmi per diventare giornalista.

Ultimamente sto lavorando felicemente anche per il mondo del podcast. Stay tuned.

 

Di cosa parlo? Sempre e solo di storia dell’arte, ma da un punto di vista differente e decisamente meno scolastico.

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Francesca Anita Gigli, Likeitalians
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